Un caffè con … Andrea Celi – Creative Director

Abbiamo preso un caffè con Andrea Celi, direttore creativo che ha curato la direzione di grandi eventi pubblici e privati, lanci di prodotto ed happening musicali. È autore specializzato in format dal vivo per i più importanti brand italiani.

Siamo dell’idea che con poche domande si ottengano molte risposte e nel tempo di un caffè abbiamo scoperto tante curiosità.


Sogno di creare un luogo dove perdere tempo con feroce maestria!

Andrea Celi

1 – Chi è Andrea Celi e perché “Director”?

Chi è, non lo so. Di sicuro, un dilettante specializzatissimo che ama inventare nomi da dare alle cose. Sono con Montale, quando dice “nominare le cose, mai conoscerle”.
L’unica citazione che mi concedo perché non sopporto gli aforismi.

Il ”Director” è nato per goliardia. Da Venezia a Milano, da Lisbona a New Orleans, andavo nei luoghi più affollati, indossavo un cappellino con scritto “Director” e iniziavo a farmi riprendere mentre davo consigli ai turisti su come realizzare l’inquadratura migliore per il selfie più cinematografico; gli spiegavo anche che il mio era un ruolo civico e loro mi seguivano.

In effetti, manca una regia del quotidiano, spostare folle, dare scenari nuovi improvvisi. Da lì in poi, “Director” ad honorem.


2 – Cosa ha segnato l’inizio della tua carriera?

Non c’è un inizio se non il casuale intrecciarsi di competenze, piaceri e colpi di scena.
Disegnare qualsiasi cosa fin da piccolo, studiare Filosofia e organizzare feste: tre pilastri apparentemente distanti su cui ho costruito una mia personale professionalità laica.

Il resto l’ha fatto l’osservazione maniacale di ciò che mi succedeva intorno e la capacità di rubare il più possibile dai professionisti “credenti” che ho incrociato.


3 – Sei Creative Director di Filmmaster Events e professore allo Ied. Devi amare parecchio il tuo lavoro per decidere di insegnarlo. Cosa ami più di tutto del tuo mestiere?

Ti dico una verità apocalittica: non amo particolarmente il mio lavoro.

Allo stesso tempo, non prendersi troppo sul serio e mantenere un sacro disincanto mi permette di interpretare la mia professione al meglio. L’amore e le passioni le conservo gelosamente per altri scenari.

Non è un lavoro che si può insegnare, ma posso mettere sul piatto alcune cose fondamentali per costruire una professionalità credibile: metodo, applicazione, profondità, studio e preparazione culturale.

Del mio mestiere mi piace la trasversalità dei linguaggi: un giorno ti ritrovi a pensare in modo teatrale, un’altra museale, l’indomani stai studiando neuroscienze. Imparare a utilizzare più registri è una grande opportunità.


4 – C’è un consiglio che vorresti dare a tutti quei giovani che vogliono intraprendere il tuo stesso percorso lavorativo?

Il primo consiglio è: se ti chiedono tre, tu dai cinque. Stai certo che quella parte in più ti verrà riconosciuta con gli interessi prima o poi. Perseveranza, no risparmio.

Il secondo è: la preparazione culturale e la capacità critica di mettere in discussione le cose, sono come l’aria. Non puoi bluffare a lungo. Tutto il resto è “storytelling”.


5 – Se avessi un super potere, quale sarebbe e come lo utilizzeresti sul tuo lavoro?

Io ho un super potere, ma non posso dirlo a nessuno sennò poi ci credono. 😉


Credits
Intervistatore: Sara Fuoco  
Instagram: @sarafuoco 

Intervistato: Andrea Celi  
Instagram: @dr_celi

Illustrazione di: Carlotta Egidi 
Instagram: @carlottaegidi89