Festival di Cannes 2021 strano, premiazione ancora di più.
Spike Lee, presidente di giuria, molto distratto o forse clamorosamente privato di una regolare scaletta, si è lasciato sfuggire il titolo del film vincitore della Palma d’oro a inizio serata, rovinando la sorpresa un po’ a tutti.
«Chiedo scusa, ho fatto casino, non l’ho fatto apposta» ha candidamente detto il primo presidente nero della storia del festival, in completo a pennellate multicolori. Finale a sorpresa, dunque, in un festival atipico, il primo post pandemico, che ha provato a mostrare tutti i suoi muscoli, compresi quelli dell’arte e del glamour.
Festival con tamponi e mascherine, con contagiati a fine corsa, tra cui Léa Seydoux, che aveva quattro film da presentare ma che è rimasta a casa perché risultata positiva.
Di giorno i film (tanti, molti francesi) e la sera feste e cene in onore di Tizio o di Caio. Parterre miliardari con aste benefiche e un esorbitante numero di influencer, nuova frontiera delle public relations, per la gioia degli sponsor. Presenti i divi del cinema, naturalmente, ma davvero pochi quest’anno.
Verrà quindi ricordato questo Cannes, e non solo per la gaffe di Spike Lee, ma per una serie di piccole ma significative discontinuità.
Prima di tutto, per la seconda volta in 74 edizioni, ha dato la Palma d’oro a una regista donna, la francese Julie Ducournau, al suo secondo film, il body-horror Titane. La prima volta risale al 1993: era l’anno di Jane Campion con le sue, indimenticate, Lezioni di piano.
Il film della regista francese è del genere che divide e questo, dal nostro punto di vista, non è mai un male, anzi. In tal senso, i giurati (in maggioranza donne, altra bella novità) hanno discusso parecchio. Maggie Gyllenhall, alla conferenza stampa finale ha confidato che “Non ci sono state decisioni unanimi su quasi nulla, e va bene così”.
A conferma di questo fervore, sono stati assegnati, cosa inusuale, due ex aequo negli altri premi principali.
Il Gran Prix è andato al film di Asghar Farhadi e a quello Juho Kuosmanen, mentre il Prix du Jury (una sorta di terzo posto) è stato diviso tra l’israeliano Nadav Lapid e il tailandese Apichatpong Weerasethakul, maestro tailandese già vincitore di una Palma d’oro in passato.
E questo a dimostrazione che nel peggiore anno della sua storia, il Cinema ha la necessità di creare dibattito, costruire i presupposti per un nuovo inizio e dimostrare che è ancora una forma d’arte rispettabile e credibile.
Resta a mani vuote l’unico italiano in gara, «Tre piani» di Nanni Moretti.
Il momento più commovente è stata la standing ovation per Marco Bellocchio, con la consegna della Palma d’onore da parte di Paolo Sorrentino («il più importante e il più giovane regista che abbiamo in Italia»). Bellocchio ha ricordato con affetto Michel Piccoli «un gigante», e ha concluso con una dichiarazione che è sembrato un lascito per i futuri registi che verranno: «Le cose buone che ho fatto hanno combinato immaginazione e coraggio, indispensabili nel nostro mestiere».
Tutti i premi
Grand Prix: ex aequo per Asghar Farhadi con «A Hero» e Juho Kuosmanen «Scompartimento No. 6»
Miglior regia: Leos Carax per «Annette»
Miglior sceneggiatura: Ryûsuke Hamaguchi, «Drive My Car»
Miglior attrice: vince l’attrice norvegese Renate Reinsve con «The Worst Person in the World»
Premio della giuria: ex aequo per Nadav Lapid con «Ahed’s Knee» e «Memoria» di Apichatpong Weerasethakul
Miglior attore: L’attore americano Caleb Landry Jones vince per la miglior interpretazione maschile con il suo ruolo nel film «Nitram» di Justin Kurzel
La Camera d’oro, il premio alla miglior opera prima della selezione, della 74/o festival di Cannes va a «Murina» della regista croata Antoneta Alamat Kusijanovic.
Al film «Drive my car», del regista giapponese Ryusuke Hamaguchi, è andato il premio della critica internazionale e della giuria ecumenica