Il cinema è composto da tre cose: uno schermo, delle poltrone, e degli spazi per incontrarsi e socializzare. Il segreto, oggi, sta nel riempirle contemporaneamente
Dopo un periodo, che è sembrato infinito, di chiusura di cinema e teatri, cosa che ha amplificato una marginalizzazione del ruolo che la cultura e lo spettacolo svolgono in una società civile, finalmente si sono riaccesi gli schermi e soprattutto si rivede il pubblico in sala.
Più volte, negli ultimi anni, si era gridato al tramonto del grande schermo. Nell’anno del Coronavirus, in cui a dominare sono state l’incertezza e il disorientamento, quello che doveva essere un 2020 di conferme e celebrazioni della sala cinematografica, dopo un 2019 da record, si è trasformato in un anno di stallo, false partenze e orizzonti sbiaditi per tutto il comparto. Eppure in quest’anno orribile, filtrando tra uscite slittate, programmazioni in bilico e chiusure a intermittenza, quello che è venuto fuori in maniera ancora più forte e riconoscibile è un legame mai realmente affievolito, quello tra la sala e il pubblico, la comunità, il territorio.
La riconsiderazione dell’esperienza della fruizione di un cinema ha offerto l’occasione di confermare la sala cinematografica come luogo impagabile di socializzazione collettiva, di condivisione di un’emozione, non necessariamente legata alla mera visione di un film ma come un momento di una esperienza più articolata.
Che non sia una questione di mera visione lo dimostra anche il modo in cui la sala, negli anni, si è reinventata diventando anche un autentico contenitore di progetti, eventi e iniziative per il pubblico e con il pubblico, dagli incontri con attori, registi e musicisti, alle conferenze stampa, dai galà alle premiére di prestigio (vedi articolo Crudelia), dalle attività didattiche per gli studenti a quelle ricreative per famiglie e bambini, fino ad arrivare, nei mesi di maggiore difficoltà e carenza di spazi per scuole e atenei, a diventare addirittura aula universitaria.
Un altro elemento fondamentale, diremmo decisivo, oltre a quello sociale e logistico, è infatti quello tecnologico: la digitalizzazione rappresenta una leva di avanguardia e competitività inedita nel reinterpretare il ruolo della sala, soprattutto dopo il cambiamento radicale che il 2020 ci lascia come eredità già annunciata in termini di distanziamento, abitudini e stili di vita nuovi. È immaginare la possibilità di collegare più strutture in diverse città per un meeting internazionale attraverso il grande schermo, permettendo alle persone di partecipare alla migliore esperienza possibile in sicurezza senza doversi spostare.
Un esempio lampante di come la componente sociale, economica e tecnologica convergano in un unico spazio è il The Space Cinema Odeon, nel cuore pulsante di Milano. Un gioiello di Art Decò che fin dagli anni ’30 è un punto di ritrovo storico per la metropoli, crocevia di tradizione e progresso, intrattenimento e ricchezza culturale che oggi è un fiore all’occhiello del circuito di multisala The Space Cinema.
Dieci sale, per un totale di 2250 posti a sedere, uno splendido foyer e una Sala Suite che rappresentano un luogo di ritrovo ideale, fanno di The Space Cinema Odeon la location per eccellenza, a due passi da Piazza Duomo.
La sala, dunque, in parallelo alla consueta destinazione come luogo d’intrattenimento cinematografico affianca quella di location per attività di varia natura: sede di seminari, concorsi pubblici e congressi professionali e ancora luogo di eventi privati e meeting aziendali.
Non è dunque solo una questione di film, ma di esperienza, di condivisione e di scambio, tutto racchiuso in una delle attività che più nettamente è mancata agli italiani in tempo di lockdown: andare al cinema.