Un caffè con… Nicola Uliari – Creative Director

Nicola è creative director e socio di Louder Italy, agenzia di comunicazione integrata Torinese.
Fin dall’inizio della sua carriera vive il settore a 360° lavorando a grandi progetti e gestendo importanti clienti internazionali. La sua passione lo porta ad affrontare diverse sfide e a misurarsi in aziende e agenzie differenti fino al 2011, anno in cui rileva la sede italiana di Louder insieme a due soci e da 4 persone, oggi contano 35 risorse nel team.

Ecco cosa ci ha raccontato Nicola, nel tempo di un caffè.


Non ho talenti speciali. Sono solo appassionatamente curioso.

Albert Einstein

1 – Ci hai raccontato che tra i tuoi migliori maestri ci sono i tuoi stessi clienti. Quali spunti e insegnamenti hai appreso grazie a loro?

I miei maestri sono stati e sono tutt’ora molti. 
Dal mio team ai miei partner e i fornitori, professionisti con cui mi confronto quotidianamente. 

I miei clienti sono stati sin dagli inizi, e sono tutt’oggi, manager di grandi Multinazionali, e grazie a molti di loro sono da subito venuto a contatto con informazioni fondamentali per la mia crescita professionale. Dalla condivisione e spiegazione di campagne di comunicazione integrate a veri e propri piani marketing. Anche dal punto di vista manageriale l’osservazione dei miei clienti mi ha formato molto. 
Posso poi dire che ho partecipato a più “gare” io di quante partite abbia giocato Roger Federer… a parte la battuta, come nello sport, questa è stata una costante spinta al miglioramento. La spinta a cercare più soluzioni per proporre più alternative: la famosa domanda “vorremmo almeno due proposte, possibilmente differenti tra loro”. La coerenza ed efficacia della proposta su tutti i touchpoint. Ancora oggi una regola fondamentale.

Vuol dire che l’idea, la storia che racconti, è coerente, è solida, da qualsiasi angolazione la si guardi e qualsiasi punto la si ascolti… estrema attenzione al dettaglio in fase di execution. 

E poi ci sono i fallimenti, le sconfitte.
La sconfitta va studiata e se un cliente la motiva, ti permette di migliorare e crescere per le sfide successive. 


2 – Nella tua carriera sei stato account, account director e oggi sei direttore creativo. Spesso i professionisti scelgono una delle due strade in base alla propria indole proprio perché nel nostro settore sono due percorsi paralleli ma distinti. Quando e cosa ti ha fatto capire che dovevi cambiare?

In realtà prima ancora sono stato steward di eventi durante l’Università e ancora event manager e project manager in un’agenzia americana. Ho una formazione in marketing e parte del mio background professionale l’ho costruito all’interno di una grande multinazionale. Sono sempre stato attratto e predisposto per le arti figurative, alcune delle quali ho approfondito con studio e pratica per passione, come per esempio la fotografia. 

Ma il concetto di ideare, di creare e poter poi realizzare qualcosa che inizialmente era solo una sensazione, una vibrazione… ecco quello mi ha sempre emozionato molto e continua a farlo. 

Quando ho cominciato questo lavoro come manager d’agenzia, eravamo molto pochi, eravamo in 3. Si sa, quando si è piccoli i ruoli si mischiano. Generavo idee, le scrivevo, magari facevo qualche bozza a mano e le presentavo poi al cliente. Sono cresciuto facendo questo, fino a quando la struttura è cresciuta e mi sono dedicato sempre più alla parte creativa.

Questo non comprende solo la genesi di idee.
Gestire un comparto creativo comporta in primo luogo una visione manageriale e strutturata della creatività, ovvero dei processi e delle persone. Ora posso dedicarmi di più alla fase di studio e ricerca, che mi emoziona sempre moltissimo, poiché è quello che mette in moto tutto. Ma soprattutto faccio in modo che l’intero output creativo dell’agenzia sia coerente con la sua identità, ne porti la “firma” e mantenga gli standard di qualità che il cliente si aspetta da noi.


3 – Nel tuo percorso lavorativo hai affrontato diverse sfide e ti sei spesso messo alla prova. Qual’è stato il tuo Everest? La vetta più alta della tua carriera che hai dovuto scalare?

Sicuramente sono stati questi ultimi due anni.
Sia come creativo che come imprenditore sono stati (spero di poter usare il passato) due anni incredibili. Da un lato un drastico rallentamento del business e gran parte delle proprie risorse ferme, dall’altra la spasmodica ricerca di nuove soluzioni, soprattutto nella fase iniziale. Poi è subentrata una fase di consapevolezza, di studio del “nuovo ambiente” e dei nuovi linguaggi.

Ora siamo diversi.
Ci siamo evoluti e strutturati con un network incredibile di professionisti e nuove competenze, moltissimi giovani e tantissime nuove sfide davanti.


4 – Lavori spesso insieme ai giovani. Cosa ti colpisce in un colloquio e cosa ti fa capire che è la persona giusta per lavorare nella tua squadra?

Cerco la passione prima di tutto e poi cerco di capire se è una persona “curiosa”.
Reputo che sia la dote o meglio la caratteristica principale in assoluto nella vita e quindi soprattutto in un giovane che comincia questo mestiere. Una persona che non è curiosa non può fare questo lavoro.

Sto anche molto attendo a come viene utilizzato l’”io e il “noi”.
Ovvero la predisposizione a lavorare in un gruppo, a mettersi in gioco, a confrontarsi. Perché non c’è crescita senza un confronto, anche se tecnicamente sei il migliore sulla piazza.

E in ultimo l’ironia, non è facile “scovarla” durante un colloquio, ma le persone ironiche fanno sempre breccia su di me perché la reputo una dote ed un’ancora di salvezza in molte situazioni.
…se poi sei anche un’amante della montagna… ”assunto”!!


5 – Se avessi un super potere, quale sarebbe e come lo utilizzeresti sul tuo lavoro?

Bella domanda! Sono indeciso tra viaggiare nel tempo ed Il teletrasporto. 
Penso che il primo avrei paura di usarlo verso il futuro… sapere cosa sarà eliminerebbe la ragione per cui faccio questo lavoro, ovvero “Immaginare”. 

Vado sul teletrasporto!
Lo userei per potermi catapultare istantaneamente in luoghi dove raccogliere idee, conoscere persone e fare esperienze dal vivo e sciogliere dubbi. Se ci pensi, il teletrasporto lo abbiamo già e si chiama Google. 
Però con il teletrasporto farei “il verso” al metaverso…


Credits    
Intervistatore: Sara Fuoco    
Instagram: @sarafuoco    

Intervistato: Nicola Uliari
Instagram: @nicolauliari
LinkedIn: Nicola Uliari 

Illustrazione di: Carlotta Egidi   
Instagram: @carlottaegidi89