Un caffè con… Giuseppe Chiara – Scenografo

Giuseppe, classe ‘77 e laurea all’Accademia di Belle Arti di Brera, muove i primi passi nello studio dell’artista Lucio Del Pezzo per poi iniziare una collaborazione con la Frassa & Associati progettando mostre d’arte contemporanea in tutta Italia collaborando con scenografi e artisti, curatori e critici d’arte come Philippe Daverio. Nel 2004 entra in RAI come scenografo, realizzando numerosi progetti, tra cui gli impianti scenici di “Che tempo che fa”, “Danza con me”, “E’ sempre mezzogiorno”, “Stasera c’è Cattelan”, “Le Parole”, “La Domenica Sportiva”, “Dopofestival”, “Sanremo Giovani”, “Rischiatutto”, per citare i più noti.

È l’ora del caffè! Buona lettura del martedì.


Provo stupore per le cose belle e beatitudine per quelle giuste

Giuseppe Chiara

1 – Da più di 20 anni lavori come scenografo e dal 2004 in televisione per la Rai. La scenografia non è un campo facile in cui inserirsi, come si arriva a lavorare ad alti livelli e in tv?

Come tutte le realtà di natura artistica, anche in scenografia servono passione, costanza e un pizzico di fortuna che però devono essere ben bilanciati con l’impegno e la giusta dose di talento. 

Per arrivare poi ad alti livelli, a mio avviso, è importante comprendere e fare tesoro di alcuni momenti e incontri che nel percorso lavorativo possono fare la differenza. Mi riferisco sia a situazioni, occasioni uniche che non bisogna farsi scappare sia all’opportunità di entrare in contatto con professionisti di vari settori che, con generosità, trasferiscono il loro sapere creando ambienti che stimolano una crescita sana perché sono in grado di riconoscere in noi ciò che ancora non riusciamo a cogliere, favorendo una crescita graduale e consapevole.

La TV è un settore molto trasversale, che tocca diverse tematiche, ritenute all’occorrenza “alte” o “basse”, in modo da essere eterogenea e rivolta a tutti.

La scenografia televisiva deve tenere in considerazione le diverse peculiarità ed evoluzioni di costume e società, che devono essere trattate in un determinato programma. Questo perché anche la scena deve entrare in empatia con chi ci guarda da casa, trasportandolo in una dimensione corretta, con una identità visiva sempre chiara e capace di incuriosire e creare quel senso di unicità e di appartenenza cui ogni programma dovrebbe aspirare.

Con il passare degli anni, la televisione è stata impattata dalle nuove tecnologie che, cambiando rapidamente, hanno trasformato anche la figura dello scenografo in qualcosa di più articolato, affinando il nostro lavoro in funzione di telecamere sempre più performanti, impianti luci sempre più amalgamati con la scena, ledwall da modellare in forme sempre più plastiche – e non solo nel classico formato 16:9 – e molto altro. Questa “transizione tecnologica” ha dato come risultato una visione e una conoscenza a 360° dell’intera macchina produttiva. Il lavoro in staff diventa quindi fondamentale, per riuscire ad avere la necessaria conoscenza di tutte le diverse tecnologie a nostra disposizione. Lo scenografo ha il compito di apprendere queste innovazioni tecnologiche ed elevarle a qualcosa di più artistico e significativo, inserendole in una narrazione visiva ed emozionale, che le trasformi in “cifra” stilistica.


2 – Progettare la scenografia di un set significa creare uno spazio da vivere dove interagiscono persone, pubblico e professionisti. Quali figure entrano in gioco insieme a te e quali sono gli step per la realizzazione di uno spazio scenografico?

Il mondo della Tv si sostiene grazie all’interazione continua con il grande pubblico da casa ed è, a mio avviso, importante saper raccontare con il nostro lavoro la storia immaginata dalla parte editoriale, in modo da creare un luogo adatto sia per chi lo vive che per chi lo guarda. 

Ci sono due mondi paralleli, da cui attingo e che mi aiutano a pensare e poi progettare un impianto scenico. In uno, quello di natura emotiva, trovo ispirazione e sostegno condividendo il progetto con la mia famiglia e gli amici con i quali scambio idee, spunti, che spesso contribuiscono ad alimentare la linfa del progetto. 

Nel secondo, è la componente più tecnica a prevalere, e si basa sulla collaborazione con i colleghi di ogni settore, in particolare il Regista, il Direttore della Fotografia, la parte autorale, che sono i colleghi che con me seguiranno i vari passaggi di un lungo iter produttivo, sino ad arrivare al cantiere scenografico.

Quindi, ricapitolando, si parte da una prima analisi dei contenuti con autori, conduttori e regista, per poi entrare in una fase ideativa e di proposta per immagini con rendering, animazioni e disegno in pianta, per analizzare gli spazi e i rapporti tra i soggetti con la scena e il piazzato camere. Il concept da qui in poi entra in una fase di progettualità vera e propria composta da tavole tecniche, capitolati e successivamente con i colleghi della struttura scenografica a cui appartengo, la stesura dei vari preventivi per l’approvazione dei costi. Si arriva poi alla fase amministrativa e commerciale di acquisizione delle varie categorie merceologiche, che compongono l’impianto scenico e, infine, la realizzazione e la direzione cantiere sino alla consegna dello studio per le prove prima delle dirette o registrazioni. 


3 – Una delle parole chiave di questo 2023 è sostenibilità. In un mondo in continuo movimento e sviluppo come la televisione, quanto è importante abbracciare questo valore nell’utilizzo dei materiali e nella progettazione?

La sostenibilità per me è più che altro legata all’ottimizzazione delle risorse produttive, a partire dai trasporti, dagli spazi di stoccaggio e da una gestione logistica in generale, tutto strettamente correlato al tipo di progettazione fatta. 

Il mercato è in continuo cambiamento e, sempre più spesso, ad uno scenografo viene chiesto di creare un prodotto scenico dalla grande resa visiva e funzionale ma con un’attenzione ai costi maggiore rispetto al passato. Questo approccio rispetto al budget a volte produce idee alternative anche interessanti, dove la cifra stilistica deve per forza essere preponderante rispetto ad un virtuosismo, molte volte fine a sé stesso. Per quanto riguarda la scelta dei materiali, non sempre le varie certificazioni richieste ci consentono di optare per prodotti totalmente green, ma credo che quanto descritto in precedenza, con l’ottimizzazione del trasporto su gomma, l’occupazione intelligente degli spazi, una più facile gestione data da una attenta progettazione ed ingegnerizzazione delle scenografie, consenta meno sprechi di combustibili, corrente elettrica e molte altre esigenze che la filiera produttrice in questi casi prevede. Inoltre, non dimentichiamo lo strategico utilizzo dei magazzini ed il possibile riutilizzo di elementi scenici esistenti, che possono trovare una seconda vita, se riadattati e ripristinati in modo intelligente.  


4 – A tutti i giovani studenti che stanno completando il loro percorso formativo in Accademia, cosa consigli di fare dopo gli studi per intraprendere una carriera come la tua?

Non è semplice dare consigli perché ogni percorso è unico, come chi lo fa. Di sicuro prefissarsi degli obiettivi chiari è molto utile. Saper osservare e ascoltare chi ha più esperienza di noi, ci aiuta a saltare dei passaggi formativi spesso dispersivi per arrivare prima alla realizzazione dei nostri sogni. 

Una cosa da evitare è abbattersi nel periodo che intercorre tra la fine degli studi e un lavoro consolidato. Molti si perdono in quel frangente, dove spesso si fa un lungo periodo di “gavetta”, ma è proprio in quei momenti che solo i più resilienti e i più pronti emergono.

E infine credo sia importante buttarsi il prima possibile, anche parallelamente agli studi, nel mondo del lavoro, sporcandosi le mani e vivendo la scenografia in tutte le sue fasi, frequentando laboratori frenetici con processi produttivi che vanno dalla progettazione sino alle fasi di rifinitura. Insomma, imparare il mestiere e sperare di avere delle cose da dire.

Viviamo in un Paese conosciuto e apprezzato, da tutto il mondo, per la sua arte. Spero che, anche in Italia, possa esserci una rinnovata consapevolezza della nostra unicità affinché le arti visive in genere diventino un reale settore di investimento, capace finalmente di esaltare le molteplici professionalità che vedo nascere tra i giovani studenti.


5- Se avessi un superpotere quale sarebbe e come lo utilizzeresti nel tuo lavoro?

Il superpotere che vorrei mantenere intatto è la sensibilità. E’ una caratteristica spesso sottovalutata, un’arma potentissima che se usata correttamente ci consente di fare la differenza in tutto quello che facciamo. La sensibilità ti permette di attraversare ogni barriera e penetrare in profondità in ogni questione. Credo che sia strettamente correlata alla creatività, e anche se non tutte le persone sensibili possono essere creative, di sicuro, nessun vero creativo può non essere sensibile.


Credits
Intervistatore: Sara Fuoco
Instagram: @sarafuoco
Linkedin: Sara Fuoco

Intervistato: Giuseppe Chiara
Instagram: @beppe_chiara
Linkedin: Giuseppe Chiara

Illustrazione di: Carlotta Egidi
Instagram: @carlottaegidi89