Si è svolta questa notte la cerimonia degli Oscar 2022, appuntamento cinematografico seguito da tutto il mondo e tanto atteso come ogni anno.
Non ci reputiamo sicuramente esperti cinematografici, ruolo che spetta e meritano autorevoli critici di cui il web è pieno, ma non possiamo però non esprimere un parere di cui siamo più che convinti: una volta Hollywood premiava quello che considerava il meglio per il suo standard di spettacolo (scontentando magari i più raffinati europei); adesso vince troppo spesso chi accumula buoni propositi inclusivi e politicamente corretti.
A prescindere dalla qualità estetica e dei meriti della messa in scena.
Stupisce poi che, questa volta, le previsioni della vigilia si siano effettivamente avverate come se tutto o quasi fosse già stato deciso, il che sembra confermare ormai una tesi “politicamente corretta” che a orientare i premi sono le caratteristiche socio-politiche e non certo quello che una volta si chiamava lo «specifico cinematografico».
Non sappiamo dire se questa è stata la peggior edizione degli Oscar, il giudizio è sempre soggettivo ed influenzato da troppe variabili. Di certo l’exploit di Will Smith che ha reagito con un “pugno” in diretta a una battuta (infelice, diciamolo) di Chris Rock sulla moglie (salvo poi chiedere scusa durante il discorso di premiazione) ha fatto sì che stamattina di parlasse più di questo che dei premi. E questo è già un segnale significativo.
Ma perché “pugno”, come ovunque piace scrivere? Se Smith avesse assestato un pugno a Rock, questi, nonostante il suo cognome, sarebbe certamente finito “a tappeto”, incapace di riprendersi tanto in fretta. In realtà è stato uno schiaffo quello che Smith ha dato a Rock e lo schiaffo ha un senso molto diverso, quando dato a chi ha offeso o procurato offesa, perché non dimentichiamo che offesa e ferita c’è stata e non è che in nome della satira tutto può essere concesso. Viviamo in un tempo di buonismo eccessivo e dove ormai qualunque gesto può essere considerato “violenza” e solo più di recente consideriamo la violenza verbale, il ferimento gratuito e ingiustificato di sensibilità o di debolezze altrui, magari più a livello “social” che non in altri contesti come quello del monologo comico-satirico in questione.
Ma questo è un altro discorso che esula dalla serata.
L’Italia esce a mani vuote dalle sue tre candidature di Paolo Sorrentino (battuto da Ryusuke Hamaguchi), di Enrico Casarosa (che con Luca concorreva per il miglior film d’animazione) e di Massimo Cantini-Parrini (per i costumi di Cyrano).
I tre premi (su tre nomination) vinti da Coda – I segni de l cuore, remake americano del francese La famiglia Belier, storia di una famiglia di sordomuti ad eccezione della figlia sedicenne che vuole studiare canto, premiato in nome di un’idea di correttezza e inclusione che si può solo spiegare con i sensi di colpa accumulati nei decenni dalla comunità cinematografica americana.
È probabile che nessuno dei votanti dell’Academy abbia visto il film di Eric Lartigau del 2014 (già di suo non indimenticabile) altrimenti non avrebbero assegnato a Sian Heder il premio per una sceneggiatura che non solo non è originale ma sembra praticamente un ricalco. E poi l’Oscar come non protagonista all’attore sordo Troy Kotsur può essere considerato discutibile (se non altro perché gli altri quattro candidati non l’avrebbero demeritato), quello di miglior film in assoluto grida davvero vendetta, visto che ha battuto opere straordinarie come Licorice Pizza o Il potere del cane o Drive My Car ma anche film non eccelsi ma comunque interessanti come Don’t Look Up o Belfast o Una famiglia vincente.
Dobbiamo abituarci ad un buonismo che odora di ipocrisia e formale inclusione.
Le sorprese: possiamo considerare la sceneggiatura originale di Belfast e la miglior attrice a Jessica Chastain ma anche la sospetta unanimità su Dune con i suoi sei premi tecnici, dove non è chiaro se sia merito del marketing Warner o una vendetta contro lo strapotere dei supereroi Marvel & C., questa volta rimasti a bocca asciutta.
Così, alla fine di una premiazione che è riuscita a non far dire nemmeno una parola a Robert De Niro e Al Pacino, invitati con Francis Ford Coppola per festeggiare i cinquant’anni del Padrino e dopo troppe standing ovation resta la sensazione che per trovare un po’ di novità e di anticonformismo bisognasse concentrarsi solo sui vestiti, dalle scollature delle due sorelle Williams alla mise di Kristen Steward che per non arrivare in ritardo al Dolby Theatre si era dimenticata di finire di vestirsi.
I vincitori
È I segni del cuore – Coda a essersi aggiudicato l’Oscar 2022 come il miglior film della 94esima edizione degli Academy Award, al Dolby Theatre di Los Angeles.
La storia è ambientata a Gloucester, nel Massachusetts, dove la protagonista, Ruby, è l’unica della sua famiglia a sentire. I suoi genitori e il fratello maggiore, infatti, sono tutti sordi e comunicano con il linguaggio dei segni. Gli attori Marlee Matlin, Troy Kotsur che ha vinto l’Oscar come miglior attore non protagonista e Daniel Durant sono tutti e tre sordi. La protagonista Ruby è interpretata da Emilia Jones. Kotsur è il secondo attore non udente a vincere la statuetta dopo Marlee Matlin che nel 1987 vinse il premio come miglior attrice per Figli di un dio minore.
Miglior attore protagonista, Will Smith per King Richard – Una famiglia vincente.
Il premio come migliore attrice protagonista è stato assegnato a Jessica Chastain per Gli occhi di Tammy Faye. Una standing ovation ha accolto la notizia del suo premio.
A vincere il premio come miglior attrice non protagonista è stata Ariana DeBose per West Side Story di Steven Spielberg.
Il premio per la miglior regia è andato a Jane Campion per il suo Il potere del cane. Campion, che è stata la prima donna a ottenere la nomination come miglior regista due volte, segue Kathryn Bigelow e Chloe Zhao come la terza donna in assoluto a vincere il premio.
Per la migliore sceneggiatura originale l’Oscar è andato a Kenneth Brannagh per il suo Belfast.
In realtà, prima della cerimonia, erano già state assegnate le otto statuette ‘tecniche’, una decisione che ha generato polemiche tra gli addetti ai lavori. Il film Dune, che vanta ben dieci nomination in tutto, ha conquistato quattro premi. Al film di Denis Villeneuveè andato il riconoscimento per la miglior colonna sonora originale composta da Hans Zimmer, oltre che per il miglior suono (Mac Ruth, Mark Mangini, Theo Green, Doug Hemphill e Ron Bartlett), il miglior montaggio (Joe Walker) e la migliore scenografia (Production Design: Patrice Vermette; Set Decoration: Zsuzsanna Sipos).
Il premio come miglior documentario corto è andato a The queen of basketball di Ben Proudfoot, il miglior corto d’animazione è The windshield wiper di Alberto Mielgo e Leo Sanchez, mentre il miglior cortometraggio live action è The long goodbye di Aneil Karia and Riz Ahmed.
Il premio come miglior trucco e acconciatura è stato assegnato al team di Gli occhi di Tammy Faye. Linda Dowds, Stephanie Ingram e Justin Raleigh sono i vincitori.
Il premio per la miglior fotografia è andato a Greig Fraser per Dune. La statuetta è stata consegnata da Woody Harrelson, Wesley Snipes e Rosie Perez, insieme per celebrare i 30 anni della commedia cult Chi non salta bianco è.
Il direttore della fotografia australiano (lo stesso dell’ultimo Batman) ha avuto la meglio su La fiera delle illusioni, Il potere del cane, Macbeth, West Side Story.
The Queen of Basketball ha vinto per il miglior cortometraggio. Nel suo discorso di accettazione, il giovane regista Ben Proudfoot, ha invitato il presidente Joe Biden a “riportare a casa Brittney Griner”, la cestista due volte oro olimpico, arrestata a febbraio all’aeroporto di Mosca con l’accusa di aver portato marijuana… Il breve film racconta la storia dell’atleta Lusia Harris, la prima donna a fare canestro alle Olimpiadi e una delle prime due donne ‘introdotte’ nella Basketball Hall of Fame. L’atleta è morta lo scorso 18 gennaio in Mississippi a 66 anni.
Migliori effetti speciali, ancora un Oscar per Dune. La statuetta è stata assegnata a Paul Lambert, Tristan Myles, Brian Connor e Gerd Nefzer.
Il premio per il miglior cortometraggio di animazione è andato a The Windshield Wiper, di Alberto Mielgo e Leo Sanchez, storia incentrata sulla domanda universale “cosa è l’amore”.