Spettatori e atleti hanno dovuto aspettare un anno in più per le Olimpiadi di Tokyo, ma alla fine, tra enormi difficoltà, ci siamo.
Sobrietà e sentimento, tre ore di spettacolo pacato, composto, quasi inginocchiato di fronte alla paura del Covid e al suo spettro costante, utile comunque per riflettere e per sperare. Più di diecimila atleti, idealmente, hanno sfilato dietro le rispettive bandiere, perché il protocollo di sicurezza ha limitato la quantità degli stessi.
Il silenzio di uno stadio senza spettatori, con il sottofondo della folla riprodotto attraverso i potenti amplificatori del New National Stadium nel quartiere Shinjuku di Tokyo, poi l’accensione della torcia, in sottofondo la realtà drammatica di questo periodo storico che ha pesato e che ha trasformato un evento per la gente in un evento esclusivamente televisivo. Un clima innegabilmente di forzata spensieratezza che è stata visibile nell’imbarazzo delle delegazioni quasi intimorite dal protocollo, stravolta dal covid e dal distanziamento. Si era pensato anche di non farla questa cerimonia, e fino all’ultimo il CIO ne ha discusso, ma sarebbe così stato il timbro ufficiale sullo stato di difficoltà di questa olimpiade già costretta a surreali situazioni.
Costi mostruosi dichiarati dall’organizzazione, la fuga degli sponsor (la casa automobilistica Toyota, tra i principali sponsor della manifestazione, aveva fatto sapere che i suoi dirigenti non sarebbero stati presenti alla cerimonia di apertura e, nei giorni scorsi la stessa aveva già deciso di ritirare dalla tv giapponese i propri spot che includevano il logo olimpico).
Una serie di problemi che ha portato lo stesso presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Thomas Bach, ad ammettere le difficoltà da parte dell’organizzazione “Sono in grado di ammettere che non sapevamo quanto sarebbe stato complicato “ – ha detto Bach – “l’unica opzione alla fine è stata quella investire di più. Invece di incassare l’assicurazione di un probabile annullamento, per rendere queste Olimpiadi possibili e sicure per tutti i partecipanti, le delegazioni e gli addetti, abbiamo incrementato gli sforzi e le spese.”
“Uniti dalle emozioni” è stato lo slogan; il sacrificio e le vittime del mondo causate dalla Pandemia, hanno fatto da fil rouge, che però il produttore esecutivo dello show di apertura, Marco Balich ha voluto trasformare in una coreografia che ha fatto di necessità virtù. Il direttore creativo italiano, in collaborazione con la società pubblicitaria giapponese Dentsu, ha potuto mettere tutta l’esperienza in questo ruolo insolito di supervisor creativo. Balich conosce bene il “prodotto” avendo ideato e realizzato le cerimonie olimpiche per i Giochi del 2006, 2014 e 2016.
“Dopo quanto è accaduto” – ha spiegato – “la nostra organizzazione è stata coinvolta solo come senior advisor della cerimonia in conseguenza al fatto che il Covid ci ha costretti a stare lontani dal Giappone per più di un anno. Ma in questo ruolo abbiamo compreso che la difficoltà maggiore è stata trovare il tono giusto. Questa è stata una cerimonia sobria, senza pubblico, che ha dovuto affrontare il compito di tenere alta l’attenzione in un clima certamente diverso dalle precedenti edizioni. Potrei dire una cerimonia molto giapponese, pacata, ma piena di emozione. Rimane comunque l’impresa epica e la soddisfazione di averla organizzata”.
Coreografie molto belle, comunque, con i cinque cerchi ed il balletto e i giochi di luci sincronici ai movimenti dei danzatori. Certo, senza il pubblico, le ovazioni a cui eravamo abituati sembrava di assistere ad una sfilata di moda, più che ad una cerimonia olimpica. Ma la coreografica con i pittogrammi, simboli ormai internazionali dei singoli sport, che sono diventati umani, è stato un momento di genialità spettacolare che ha mostrato come si può fare molto con idee tutto sommato semplici.
Infine, un omaggio doveroso al teatro Kabuki, l’antico teatro nipponico, ai medici ed infermieri coinvolti come tedofori, agli atleti paraolimpici e ai campioni storici del Giappone.
Il Comitato Organizzatore di Tokyo aveva definito una “Politica di base”, quasi un protocollo, per il concetto generale delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Tokyo, che elencava come priorità la pace, la convivenza, la ricostruzione, il futuro, il Giappone e Tokyo, gli atleti, il coinvolgimento e l’eccitazione come temi centrali che andavano assolutamente evidenziati durante l’apertura e alla Cerimonia di Chiusura.
Non proprio una festa, dunque, ma un viaggio introspettivo della cultura giapponese e della realtà dolorosa della pandemia, lontano dal gigantismo sfarzoso di altre edizioni.
Oggi le priorità e l’atmosfera sono altre e noi creatori di spettacolo e di gioia dobbiamo piegarci con rispetto a questa dolorosa realtà
Aveva detto Marco Balich in fase di organizzazione della cerimonia.
Come da tradizione la Grecia ha aperto la cerimonia e diversamente rispetto alle precedenti occasioni, la squadra italiana è stata tra le prime a sfilare, in diciottesima posizione sui 207 Paesi presenti, subito dopo Israele [questo perché l’ordine è stato stabilito secondo l’alfabeto giapponese].
Vestiti di bianco in onore del paese che ci ospita, con i colori del Giappone sul petto, sventolando bandiere tricolori, gioiosi come sempre, belli. I due portabandiera Jessica Rossi ed Elia Viviani hanno gli occhi che ridono “è stata una emozione fortissima, quando hanno chiamato “Italia” il nostro gruppo è esploso in un boato e ho avuto la pelle d’oca..”
Da segnalare la delegazione francese che sopra le divise ha indossato una tuta simile a quella dei medici ed infermieri, un chiaro omaggio a chi ha lottato in prima linea in questo ultimo anno e mezzo.
Impossibile non notare (dal suo 1.90 di altezza) e non evidenziare l’onore e l’importanza per la presenza di Paola Egonu fra i sei rappresentanti che portano la bandiera Olimpica in rappresentanza dell’Europa (e dell’Italia).
Un sondaggio effettuato dal quotidiano “Asahi Shimbun” ha rilevato che il 55% dei giapponesi è contrario allo svolgimento delle Olimpiadi e solo il 33% è favorevole ma, “..ciononostante “ – ha aggiunto Bach nel suo discorso di apertura – “ gli atleti stanno inviando un clamoroso messaggio di speranza al nostro fragile mondo. La cerimonia appena svolta ha messo in evidenza questo messaggio olimpico di resilienza, solidarietà ed unità di tutto il mondo per il superamento della pandemia. I Giochi che prendono il via oggi, sono una luce alla fine di questo tunnel buio”.
Questa, che suona più come una speranza piuttosto che una certezza, è una cosa vera: il mondo ha bisogno di questi eventi, ha bisogno delle Olimpiadi che fanno bene al futuro del pianeta, e ha bisogno anche degli atleti che vanno rispettati per quello che fanno e per quello che hanno fatto preparandosi in un contesto simile.
Da domani si cominciano ad assegnare le medaglie, la notte del 23 luglio è quasi conclusa è il braciere è stato acceso.
Finalmente i Giochi sono aperti!