Un caffè con… Arianna Talamona – DE&I specialist e content creator

Arianna nasce nel mondo dello sport, come nuotatrice paralimpica. Poi il suo percorso si allarga: diventa DE&I specialist e content creator, unendo l’esperienza da atleta, una laurea in Psicologia e un approccio all’inclusività sempre positivo e mai polemico. Oggi racconta e promuove una cultura inclusiva, concreta e lontana dagli stereotipi, con uno sguardo lucido e gentile sul cambiamento possibile.

Buona lettura del martedì!


Il lavoro duro batte il talento quando il talento non lavora duro

Arianna Talamona

1 – Arrivi da una lunga carriera sportiva e da tre Paralimpiadi: cosa ti ha portata ad esplorare il dietro le quinte degli eventi? Cosa ti ha acceso davvero la curiosità per questo mondo?

Ho iniziato a frequentare il mondo degli eventi come content creator dal 2016. Nel tempo ho capito che creare contenuti non era solo un hobby per me ma proprio una passione. Sentivo il bisogno di comunicare e di imparare sempre di più del mondo della comunicazione e degli eventi. Volevo poter intervenire alla radice delle cose. Così ho frequentato un master in Sport digital marketing e communication nel 2021 e poi ho capito che ciò che davvero mi interessava non era nello sport, o non solo, ma nel promuovere il valore della diversità e l’inclusione. 


2 – In occasione delle Paralimpiadi di Parigi eri atleta, ma allo stesso tempo già coinvolta nel lavoro d’agenzia. Com’è stato vivere queste due dimensioni insieme?

È stato bellissimo, mi ha fatto apprezzare ancora di più l’incredibile macchina organizzativa che sono le Paralimpiadi. Ho potuto anche parlare con chi lavora dietro le quinte e mi sono sentita parte di qualcosa ancora più grande di quello a cui ero abituata. Non nascondo che lavorare alle Paralimpiadi sarebbe un sogno per me. 


3 – Nel nostro settore le persone con disabilità sono ancora molto poche. Secondo te, come potremmo fare in modo che le agenzie accolgano più talenti con disabilità? Quali cambiamenti concreti e quali accorgimenti dovremmo adottare per rendere il lavoro e i progetti più inclusivi?

Il punto di partenza, purtroppo, è che il problema non dipende da un singolo fattore, ma da una serie di barriere che impediscono alle persone con disabilità di arrivare persino a entrare nel mondo del lavoro. Basti pensare che in Italia il 50% delle scuole non è accessibile: capirete quanto sia complesso anche solo formarsi per poter lavorare in questo settore. Detto questo, è fondamentale che durante i colloqui non ci si lasci guidare da stereotipi o pregiudizi. Molte persone con difficoltà comunicative vengono penalizzate proprio perché le loro competenze o la loro intelligenza non emergono subito. Per questo è essenziale imparare davvero ad ascoltare.

Una volta assunta una persona con disabilità, è indispensabile attivarsi per garantire quelli che vengono definiti “accomodamenti ragionevoli”, altrimenti non si crea un contesto in cui tutti possano lavorare nelle stesse condizioni, e da lì nascono altri problemi. In generale, quello di cui c’è più bisogno è formare agenzie e professionisti, perché la maggior parte delle difficoltà nasce semplicemente dalla mancanza di conoscenza. 


4 – Il progetto “Unbarrier” nasce da un episodio molto semplice della tua quotidianità. Ci racconti cosa è successo e perché proprio da lì hai capito che si può cambiare visione e metodo? E soprattutto: cosa potremmo iniziare a cambiare concretamente nel modo in cui progettiamo gli eventi?

Tutto è partito dal fatto che il bar di fronte all’agenzia dove lavoro, YAM112003, non era accessibile e io non riuscivo a entrarci per prendere un caffè con i colleghi. Lo abbiamo segnalato al proprietario e, poco dopo, è stata installata una rampa che mi ha permesso di accedere. In quel momento i miei colleghi hanno realmente compreso la portata del problema e abbiamo iniziato a chiederci come poter migliorare le cose. Da un’esigenza personale si è trasformato tutto in un progetto con un impatto più ampio.

Per quanto riguarda gli eventi, anche qui la chiave è la formazione e la consapevolezza. Senza una minima conoscenza della disabilità è impossibile immaginare un vero cambiamento, perché non si percepiscono gli ostacoli reali. L’accessibilità non può essere un’aggiunta o un optional: gli eventi devono essere progettati accessibili fin dall’inizio. E serve il contributo diretto di professionisti con disabilità, perché il principio deve sempre essere: “nothing about us, without us”. Nulla su di noi senza di noi.


5 – C’è un evento che avresti voluto organizzare o che ti piacerebbe realizzare? Come lo personalizzeresti secondo il tuo stile?

In generale mi piacerebbe vedere eventi che vengono pensati per essere accessibili da 0. Senza dichiararlo, senza attenzioni particolari, accessibili e basta.  Vorrei vederne quanti più possibili e vorrei diventasse una cosa comune. Spero che il progetto “Unbarrier” possa iniziare a diffondere cultura su questo.


Credits

Intervistatore: Sara Fuoco
LinkedIn: Sara Fuoco
IG: @sarafuoco

Intervistato: Arianna Talamona
Linkedin: Arianna Talamona
IG: @talamona94

Illustrazione di: Carolina Guzzini
Instagram: @carolinaguzzini