Un caffè con… Giacomo Carissimi – Direttore Creativo

Giacomo è il fondatore e direttore creativo di Ground Control, agenzia di comunicazione multidisciplinare specializzata nella produzione di eventi a livello globale. E’ autore di centinaia di progetti con una storia che scappa agli algoritmi ma densa di connessioni. E’ stato direttore creativo delle sedi di Milano e Dubai per Filmmaster con cui ha mosso i primi passi anche come regista. 

Buona lettura e buon caffè!


Non appoggiatevi alle abitudini, createvi delle scomodità.

1 – Raccontaci come ha avuto inizio il tuo percorso nel mondo degli eventi e quali sono stati i progetti chiave che hanno segnato la tua carriera, dall’esperienza con Filmmaster fino alla fondazione di Ground Control

Prima di Chat GPT e dell’AI, c’era l’eclettismo, una corrente filosofica che andava alla ricerca di nuove sintesi di pensiero nutrendosi della molteplicità di storie, dottrine, discipline e insegnamenti diversi. Era importante trovare nuove connessioni e cortocircuiti per stimolare ogni volta di nuovo il pensiero e l’immaginazione.

Potrei dire che il mio percorso nel mondo degli eventi è iniziato come ricerca di questa connessione. Venivo dal mondo universitario, avevo abbracciato in seguito il cinema e ancor di più il teatro, poi l’editoria, il giornalismo, dopo ancora il mondo della pubblicità e infine quello della produzione. E come spesso accade nella vita c’è qualcuno che rimescola le carte e te le ridà facendoti vedere una connessione che non avevi considerato. Quel mazziere era Stefano Coffa, co-fondatore di Filmmaster, cui andrà sempre tutto il mio affetto e la mia riconoscenza. Mi disse se avevo voglia di occuparmi di una strana richiesta, quella dell’evento per l’ingresso della Slovenia in Europa. Direzione creativa e regia. Era un evento delicato dal punto di vista storico, politico e sociale perché rappresentava un invito alla riconciliazione e alla collaborazione transfrontaliera fra due Paesi in tensione dai tempi della Prima Guerra Mondiale.

Quest’anno a Nova Goriza si sono svolte le celebrazioni per i 20 anni di quell’evento che si svolse nel 2004 in Piazza Transalpina alla presenza di Romano Prodi e al Primo Ministro sloveno Anton Rop. Un grande videomapping, una rappresentazione teatrale sulle questioni dell’identità, il disvelamento di un grande mosaico, opera permanente a simboleggiare la pace “ritrovata”, e un concerto di Goran Bregovic furono gli ingredienti di un evento memorabile e complesso che segnò non solo la mia esperienza nel settore ma rimise i pezzi della mia vita professionale al loro posto, connessi.

Subito dopo atterrai a Doha in Qatar in qualità di regista video per girare i contenuti di comunicazione del pomposo progetto dell’isola artificiale chiamata The Pearl e subito dopo al lavoro per l’inaugurazione di Al Jazeera Children Channel. E quello è stato l’ingresso in Medio Oriente, prima a Doha, poi per diversi anni a Dubai, Saudi, Bahrein, Beirut, un altro pezzo importante della mia vita che ha portato me e Filmmaster alla progettazione delle cerimonie (Endurance World Championship, 3 edizioni della Dubai World Cup, l’inaugurazione di Meydan…), iniziata prima delle Olimpiadi di Torino capitanate da Marco (Balich ndr). Dopo ancora ho firmato la co-direzione creativa del ri-lancio della Fiat 500, i Capodanni e i Carnevali veneziani e tantissimi altri eventi cui sarebbe difficile dare un ordine di importanza, ma che come tante tessere di un mosaico hanno poi determinato la nascita di Ground Control e la volontà di affermazione di uno stile autoriale e sartoriale che ci posiziona tutt’oggi nella industry.


2 – Nel corso degli anni, hai lavorato su eventi di grande portata. Quali sono le sfide e i protocolli unici legati a questi eventi e cosa ti appassiona maggiormente in queste esperienze?

Dal punto di vista tecnico ti appassiona senz’altro l’essere parte di un grande ingranaggio che si deve muovere unito e separato al tempo stesso, percepisci la tua parte e aspetti il momento in cui sarà inserita nella partitura generale. La classica metafora dell’orchestra nei grandi eventi si esprime alla massima potenza.

Come quando mi fu affidata la direzione creativa e la regia del pre-show delle Olimpiadi di Torino. Credo una delle più grandi emozioni professionali provate quella di stare nella cabina di regia con lo stadio pieno davanti ai tuoi occhi e una cuffia che ti collega allo show caller, dopo soli 2 anni che lavoravo in quel settore. Ma se questo è un aspetto legato all’evento in sé e per sé e alle vibrazioni che ogni volta genera, quello che davvero segna la tua vita sono gli incontri con figure professionali incredibili. Come quando mi fu chiesto di andare a Berlino a presentare la creatività per un segmento della Cerimonia di apertura di Fifa 2006. Viaggiai da Milano con Mark Fisher, il set designer dei Pink Floyd e che Marco aveva voluto per la progettazione dello stage di Torino, e così in quella riunione mi alzai a presentare e a discutere della progettazione esecutiva di fronte a André Heller, Doug Jack, Peter Gabriel, Brian Eno e lo stesso Mark Fisher.

Alla fine gli eventi hanno in sé il loro punto di evaporazione, nel senso che svaniscono non appena conclusi, una sorta di vita animale che si rigenera nel progetto a venire, restano invece le persone e il loro modo di lavorare, sono quelle a formarti in modo indelebile e ad appassionarti. Come ad esempio aver lavorato per tre volte nel corso del tempo con il Maestro Morricone per il Gruppo MSC con il quale collaboriamo da oltre 15 anni, un’esperienza eccezionale che abbiamo voluto ricordare anche nell’ultima naming ceremony realizzata, quellla di Explora II, la linea lusso delle navi MSC. E lo abbiamo fatto attraverso un altro incontro eccezionale, quello con il premio Oscar Giuseppe Tornatore. 

3 – Guardando al ciclo di vita di un evento, cosa pensi sia cambiato nel tempo e quali aspetti del processo creativo ti entusiasmano ancora oggi, dopo tanti anni nel settore?

Ho parlato prima di punto di evaporazione dell’evento, che è anche un tema filosofico insito nel concetto stesso di evento. Non dura, e-viene, è un punto di esplosione di passato e futuro (ed è per questo anche che noi che lavoriamo negli eventi con le barbe incanutite ci sentiamo sempre giovani, nel ricominciare ogni volta da capo e con nuove sfide, rinasciamo ogni volta). Ma diciamo che oggigiorno questo punto diventa sempre più ineffabile e scarico di significati.

Io credo che l’intelligenza naturale e artificiale debbano sempre più convergere per caricare di significati questo punto al fine di lasciare un’eredità, una legacy. Solo così possono costruirsi degli eventi che vale la pena non solo di essere vissuti, ma anche ricordati. Come quando abbiamo realizzato l’evento I’m possible per Adidas collaborando con l’università di Torino, affrontando così il tema della violenza di genere attraverso la valorizzazione di uno spazio pubblico come il parco andando a togliere tutte le barriere, a cominciare e a finire con quella del buio che se ci pensate dà una vita diversa e bifronte a uno spazio pubblico, inclusivo e divisivo insieme. Abbiamo così illuminato a giorno il Parco Ravizza per 24 ore. Un’idea che ha riscosso grande successo, attenzione pubblica, e apprezzamento della comunità locale. Sono questi gli eventi che danno effettivamente un ciclo di vita all’evento stesso e che con entusiasmo cerchiamo sempre.


4 – C’è un evento specifico a cui hai lavorato che ti è rimasto particolarmente nel cuore? Raccontaci come è nato, le sfide che hai affrontato e cosa lo ha reso unico rispetto agli altri progetti.

Quelli che ho appena raccontato. E forse vorrei aggiungere un libro che abbiamo realizzato e prodotto per Novartis, un libro dal titolo Storie Luminose edito dal Sole24 Ore Cultura. Un testo che ha visto la collaborazione di Francesco Jodice con un progetto fotografico originale, di Massimo Pitis per il concept grafico, un’introduzione di Chiara Gamberale e una prefazione del sottoscritto. Si è trattato del racconto di oltre 50 esperienze di straordinaria quotidianità di persone che vivono con la sclerosi multipla. Abbiamo lavorato in anonimia con istituti medici e fondazioni per venire a conoscenza di oltre 400 storie alcune delle quali sono state poi selezionate e raccolte nel libro.

E’ stato un viaggio straordinario di umanità, sensibilità e arte condensate in un prodotto che mi fa piacere ricordare. Come pure la mostra su Elio Fiorucci che oggi stiamo coordinando sotto la direzione creativa di Fabio Cherstich e che sarà aperta in Triennale dal 6 novembre prossimo.


5 – Se avessi un super potere quale sarebbe e come lo utilizzeresti sul tuo lavoro?

Realizzerei il sogno di Enzo Mari, cioè quello di uccidere i mostri generati dalla parola creatività, mostri che in particolar modo oggi, più di ieri, con Chat GPT, intelligenza artificiale e altri strumenti di velocizzazione del pensiero acritico rendono sempre più difficile trovare un significato che duri e che un evento possa generare.


Credits 
Intervistatore: Sara Fuoco
Instagram: @sarafuoco
LinkedIn: Sara Fuoco

Intervistato: Giacomo Carissimi
Linkedin: Ground Control
Instagram: @groundcontrol.studio
Sito: groundcontrol.studio/


Illustrazione di: Carlotta Egidi
Instagram: @carlottaegidi89