Ceo e socio di Fandango Club, Michele Budelli è una figura di riferimento nel mondo degli eventi, dove unisce creatività e metodo alla visione strategica di chi vive la comunicazione come esperienza. Da tempo affianca alla sua attività professionale anche quella accademica con testimonianze e docenze nei principali atenei nazionali su temi di marketing, organizzazione di eventi e business management.
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Che siate dei bravi professionisti lo do per scontato, siate soprattutto delle brave persone. E’ più bello lavorare con chi sorride alla vita.
Michele Budelli
1 - Raccontaci come ti sei avvicinato al mondo degli eventi. Quali sono state le esperienze o le intuizioni che ti hanno fatto capire che sarebbe diventato il tuo lavoro?
Negli anni ’90 i villaggi turistici sono stati una palestra incredibile dove allenare la mia predisposizione al contatto umano, la voglia di aggregare persone e creare connessioni di valore.
Quando la gente sta bene e si trova in un contesto libero da eccessive contaminazioni commerciali è meglio predisposta alla ricezione di messaggi chiari che rimangono nella memoria. Da qui l’intuizione di portare i brand in “vacanza” e costruire esperienze coinvolgenti. La cavalcata verso il mondo degli eventi che contano è stata rapida e inattesa. L’incontro con il mio socio Marco Moretti è stato lo spartiacque della mia vita: esistono un prima, un poi ed un futuro tutto da scrivere.
2 – Con Fandango Club avete scelto di investire nei format proprietari, una direzione non scontata nel nostro settore. Da cosa è nata questa scelta e in che modo risponde alle esigenze del mercato?
Il punto più debole del business dell’organizzazione di eventi è certamente la schizofrenia che connota le relazioni con i clienti.
Molto spesso le agenzie non hanno la possibilità di governare in modo del tutto autonomo le proprie strategie commerciali: il nostro settore vive di “gare”, relazioni personali, sistemi consolidati difficili da scalfire… pertanto non è sufficiente presentarsi all’appello con progetti efficaci, innovativi e proporzionati a livelli di budget. Abbiamo intuito la necessità di una efficace metafora narrativa per intercettare il pubblico dei nostri format: pensando ad esempio alla GEN Z abbiamo pensato che il GAMING fosse un buon gancio per portare “fuori dalle proprie camerette” un popolo di giovani e giovanissimi che erano semplicemente in cerca di una safe zone dove poter condividere la propria passione. Tutti viviamo di passioni ed i format nella nostra filosofia, le intercettano.
3 – Tra i progetti futuri state lavorando a un nuovo format legato alla montagna. Da dove nasce questa ispirazione e cosa possiamo aspettarci da questa nuova avventura?
La Montagna rappresenta un comparto di enorme valore industriale, turistico e sportivo: da questa osservazione nasce l’idea di mettere a sistema i più importanti stakeholder del settore per un momento di confronto e visione strategica. Grazie alla partnership con FISI, ANEF ed il Ministero del Turismo siamo riusciti ad aggregare i più importanti player nazionali per un evento che ci auguriamo possa avere lunga vita.
In aggiunta, passo gran parte del mio tempo libero in montagna e non saprei immaginare un evento migliore per coniugare lavoro e passione.
4 – Da anni insegni in università e master, raccontando ai giovani cosa significa lavorare negli eventi. Cosa ti restituisce questa esperienza? C’è qualcosa che hai imparato proprio stando a contatto con le nuove generazioni?
La mia presenza negli ambienti di formazione è una necessità di conoscenza. Mi nutro del confronto con generazioni più giovani della mia, del loro approccio al mondo della comunicazione: capisco dove si informano, come percepiscono i messaggi dei brand, in base a quali variabili effettuano scelte di intrattenimento, capisco cosa sia in grado di catturare la loro attenzione.
L’Università è un luogo di scambio, il docente non è l’unico a diffondere sapere.
5 – C’è un evento che avresti voluto organizzare o che ti piacerebbe realizzare? Come lo personalizzeresti secondo il tuo stile?
Con le Olimpiadi alle porte è impossibile non pensare ai grandi show di apertura e chiusura. L’Italia vanta una tradizione incredibile in questo settore e sono consapevole di quanto l’asticella sia alta quando ti affacci su questo genere di palco scenico. Mi affascina la tecnologia, ma soprattutto mi affascinano le storie.
Ecco perché se dovessi mai occuparmi in prima persona del pensiero creativo alla base di una cerimonia olimpica, mi concentrerei nello scrivere un soggetto narrativo di facile comprensione, capace di emozionare un pubblico estremamente eterogeneo, probabilmente disincantato e per buona parte deluso dai drammatici tempi che stiamo vivendo. Ecco perché ritengo che il superfluo sia da eliminare a vantaggio della chiarezza del messaggio e della sua efficacia.
Credits
Intervistatore: Sara Fuoco
LinkedIn: Sara Fuoco
IG: @sarafuoco
Intervistato: Michele Budelli
Linkedin: Michele Budelli
Illustrazione di: Carolina Guzzini
Instagram: @carolinaguzzini