L’area in cui si colloca l’edificio Rhinoceros, denominata Velabro già in epoca romana, è di centrale importanza nella Roma antica e si trova accanto alla chiesa di San Giorgio al Velabro del VII secolo e al prezioso Arco degli Argentari del 203-204 d.C. Poco oltre, il Foro Boario, con i templi di Hercules Victor, detto Olivarius, e di Portunus, divinità fluviale protettrice del vicino porto sul fiume, nell’antica via di passaggio che unisce l’ansa del Tevere – dove nasce Roma – con il Palatino, sede prima della Roma Quadrata delle origini nell’età romulea (VIII secolo a.C.) e poi della magnificenza dei palazzi imperiali (da Augusto fino al IV secolo d.C.).
Tra la chiesa di San Giorgio al Velabro e il palazzo Rhinoceros è situato l’Arco di Giano, un arco quadrifronte noto anche con il nome Ianus Quadrifrons. È un edificio imponente, largo dodici metri e alto sedici, che si ritiene costruito nella metà del IV secolo d.C. Da sempre chiamato Arco di Giano, è stata di recente avanzata dagli studiosi l’ipotesi di identificazione con l’arcus divi Constantini, presso il Velabro, dedicato all’imperatore Costantino. Nell’area del Velabro – secondo la leggenda sulla nascita di Roma – è stata ritrovata la cesta con i gemelli Romolo e Remo.
In occasione dell’apertura di Palazzo Rhinoceros, i cui lavori di restauro sono stati affidati al grande architetto francese Jean Nouvel, la Fondazione Alda Fendi – Esperimenti, ha regalato alla città di Roma l’illuminazione dell’Arco di Giano e, situata nell’area antistante, l’installazione di Raffaele Curi “Rhinoceros at Saepta”. All’interno, la galleria della fondazione, sempre in rapporto all’esterno, secondo il principio che ispira la filosofia di Rhinoceros e della Fondazione Alda Fendi – Esperimenti il confronto continuo tra antico e contemporaneo, tra l’arte all’interno e quella all’esterno degli ambienti nella quale opera, in un proficuo scambio di contaminazioni e interferenze.
Il progetto di Jean Nouvel segue questo concetto e lo rende visivamente percepibile. La stessa galleria non è confinata in uno spazio convenzionale ma si sviluppa per i sei piani del palazzo, mescolandosi con la vita dei visitatori, fino alle terrazze e ai cavedi che sono anch’essi dedicati a installazioni visive e sonore.
Dal 15 febbraio al 15 maggio in questo spazio multifunzionale sarà in mostra gratuitamente un gioiello del Picasso cubista ”Giovane donna”, tela dipinta nel 1909 dal genio spagnolo della pittura e mai esposta in Italia. Nell’allestimento di quest’opera il quadro emerge dal nero delle pareti in un sottofondo musicale che unisce Satie, Ravel e Stravinskij per condurre i visitatori nella Parigi di inizio Novecento, unitamente alla danza con videoproiezioni di coreografie spagnole fino alle immagini di Parade, il celebre balletto in un atto del 1917 della compagnia dei Balletti russi di Sergej Djagilev.
La giovane ritratta da Picasso è la modella Fernanda Olivier, sua amante per quasi otto anni. Il dipinto apparteneva a Sergej Ščukin, collezionista e mercante moscovita di opere del Modernismo francese, che lo acquistò direttamente dall’artista. Ščukin conobbe l’arte di Picasso a Parigi, dove il pittore si era trasferito a vivere nel 1904. Fu Matisse nel 1908 ad accompagnare per la prima volta Ščukin nell’atelier di Picasso, dove potè ammirare “Les demoiselles d’Avignon”.
Un anno dopo il collezionista acquistò la sua prima opera cubista e fu talmente affascinato da questa nuova pittura da volere tutta la serie di tele di Picasso del 1908. Requisite dallo Stato a seguito della Rivoluzione del 1917, tutte le opere della straordinaria collezione Ščukin furono nazionalizzate e tenute per oltre trenta anni nei depositi, bollate come “decadenti”. Nel 1948 una parte delle di esse venne destinata all’Ermitage e solo negli anni ’50 iniziò finalmente a essere esposta.
La collezione di Picasso del Museo Statale Ermitage a San Pietroburgo con i suoi trentotto dipinti è considerata una delle più importanti al mondo per completezza e qualità estrema.