David inizia il suo percorso nell’advertising, dove impara fin da subito che ogni brand ha una storia da raccontare. Ma per lui, raccontare non era abbastanza: voleva trasformare quelle storie in esperienze da vivere.
Oggi, in Triumph Group, il suo lavoro è dare vita alle idee, creando eventi che non sono semplici momenti, ma strumenti di connessione, emozione e cambiamento. Convinto che “se non intrattieni, non esisti”, come diceva David Ogilvy, e ispirato dal pensiero di Simon Sinek – “Le persone non comprano cosa fai, ma perché lo fai” – porta avanti la sua missione con un obiettivo chiaro: realizzare esperienze indimenticabili, divertendosi.
Buon caffè del martedì!
La vita è uno stato mentale
Dal film “Oltre il giardino” (1979)
1 – Il tuo percorso inizia nel mondo della pubblicità con TBWA, poi ti sposti nella live communication. Cosa ti ha spinto verso il settore degli eventi? Quali aspetti ti hanno affascinato di più rispetto alla comunicazione tradizionale?
Immagina di essere un regista che ha sempre scritto sceneggiature straordinarie, ma a un certo punto sente il bisogno di vedere i suoi mondi prendere vita, di sentire il pubblico respirare l’esperienza che ha creato. Ecco, il mio percorso è stato un po’ così.
La pubblicità ha un fascino indiscutibile: strategia, creatività, storytelling. Ma la live communication è un’altra cosa. È il brivido del qui e ora, l’adrenalina dell’imprevedibile, la capacità di trasformare un’idea in un’esperienza immersiva e multisensoriale. È il passaggio dalla narrazione alla creazione di un universo tangibile, in cui il pubblico non è più solo spettatore, ma protagonista.
Mi ha affascinato la possibilità di costruire emozioni su più livelli, di lavorare con spazio, tempo, luci, suoni, interazioni reali. La pubblicità è potente, ma un evento ben costruito è memorabile. E, nel mondo di oggi, in cui tutto è rapido e digitale, creare qualcosa che si vive sulla pelle è un’arte rara e preziosa.
2 – Il mondo degli eventi ha subito una profonda evoluzione negli ultimi 20 anni. Come è cambiato il modo di concepire e realizzare gli eventi? Quali sono le principali differenze tra ieri e oggi, sia nel rapporto con il pubblico che nelle strategie creative?
*Riprendendo la metafora cinematografica, Se guardiamo agli eventi di vent’anni fa, sembrano quasi pellicole in bianco e nero: eleganti, ben costruite, ma con un copione rigido, con il pubblico in platea e il brand sul palco. Oggi, invece, siamo nel pieno di un’era cinematografica interattiva, immersiva, in cui lo spettatore è diventato co-protagonista e la narrazione si costruisce in tempo reale. La rivoluzione è stata radicale. Un tempo si progettavano eventi con un format preciso e un’idea di engagement più passiva: il pubblico riceveva, applaudiva, tornava a casa con un gadget. Oggi, invece, il pubblico vive l’evento. Vuole essere coinvolto, toccare con mano, lasciare un segno. Il digitale ha amplificato questa trasformazione, portando esperienze phygital (fisico + digitale), realtà aumentata, personalizzazione estrema dei contenuti.
Anche il linguaggio è cambiato. Se prima si parlava di spettacolo, ora si parla di esperienza; se prima si puntava sulla grandiosità, oggi la chiave è la rilevanza. L’evento non è più una parentesi temporanea, ma un tassello di un racconto più ampio che inizia ben prima del live e continua dopo, attraverso interazioni, contenuti e community. La creatività si muove in uno spazio nuovo, fatto di emozioni autentiche, storytelling ibrido e format fluidi. L’obiettivo non è più solo stupire, ma creare connessioni reali, perché in un mondo sempre più digitale, il valore dell’esperienza umana è diventato il vero spettacolo.
3 – L’intelligenza artificiale sta entrando sempre più nel mondo della creatività e della produzione. Come pensi possa integrarsi nel lavoro di agenzia e nel settore degli eventi? Vedi opportunità o credi che alcuni aspetti resteranno sempre insostituibili
L’intelligenza artificiale è come un assistente brillante che non dorme mai, analizza dati alla velocità della luce e genera spunti con una logica impeccabile. Ma la vera domanda è: può davvero sostituire l’istinto, l’emozione e quel colpo di genio che trasforma un evento in un’esperienza memorabile?
Nel mondo degli eventi, l’AI è già una presenza potente e utile. Può ottimizzare la logistica, personalizzare l’esperienza del pubblico, prevedere trend, analizzare il sentiment in tempo reale. Può persino suggerire concept creativi basandosi su miliardi di dati. Ma c’è qualcosa che difficilmente potrà replicare: l’intuizione umana, la capacità di leggere le emozioni non solo con numeri, ma con pelle d’oca e brividi.
L’evento perfetto nasce dalla fusione tra dati e istinto, tra tecnologia e storytelling. L’AI può suggerire il tema di una serata, ma sarà sempre il tocco umano a darle anima, ritmo e magia. Perché alla fine, un evento non è solo un’esperienza da vivere, ma un ricordo da portarsi dentro. E la scintilla di quel ricordo nasce dall’imprevedibilità umana, qualcosa che nessun algoritmo potrà mai veramente codificare. In breve sono per l’intelligenza dietro l’intelligenza artificiale.
4 – Per chi sogna di lavorare come direttore creativo nel mondo degli eventi, quali sono le qualità fondamentali da sviluppare? E quale tipo di formazione o esperienza consiglieresti per emergere in questo ruolo?
Essere direttore creativo nel mondo degli eventi non è un mestiere, è uno stato mentale. Serve la visione di un regista, l’istinto di un trendsetter, la flessibilità di un illusionista e la resistenza di un maratoneta. Devi saper trasformare idee in esperienze, dettagli in emozioni, problemi in spettacolo.
Le qualità fondamentali? Curiosità ossessiva, perché le idee migliori nascono mescolando mondi apparentemente distanti. Empatia, perché un evento vive solo se chi lo attraversa si sente parte di qualcosa di unico. Pensiero laterale, perché spesso le migliori soluzioni sono quelle che nessuno aveva immaginato. E poi coraggio, perché innovare significa rischiare, rompere schemi, reinventare il concetto stesso di live experience.
Per emergere? La formazione ideale è un mix tra arte, comunicazione, marketing ed esperienza sul campo. Studiare design, storytelling, psicologia del pubblico è fondamentale, ma nulla sostituisce il vivere gli eventi dall’interno, anche partendo dal backstage, osservando come un’idea prende forma nella realtà. Chi vuole diventare un direttore creativo negli eventi deve allenarsi a vedere il mondo come un palco infinito, dove ogni dettaglio può trasformarsi in un’esperienza da ricordare. Perché alla fine, il segreto è uno solo: creare qualcosa che nessuno abbia mai vissuto prima con un tocco di cultural fuel personale.
5 – C’è un evento che avresti voluto organizzare o che ti piacerebbe realizzare? Come lo personalizzeresti secondo il tuo stile?
Se potessi creare un evento senza limiti, vorrei trasformare Patagonia—sì, il brand che ha fatto dell’etica e della sostenibilità la sua bandiera—nel protagonista di un’esperienza senza precedenti. Non una semplice convention o un festival, ma un viaggio reale e simbolico nel futuro del pianeta.
Titolo? “The Last Wild Experience”
Concept? Un evento immersivo che porta i partecipanti nei luoghi più remoti e incontaminati della natura, ma con un twist narrativo: ogni scenario rappresenta un futuro possibile, e le loro scelte durante l’evento influenzano il destino di quel mondo. Niente palchi, niente platee. L’evento si svilupperebbe come un live game esperienziale: esplorazioni notturne con visori di realtà aumentata per vedere la natura com’era secoli fa, installazioni interattive dove il pubblico può “riprogrammare” il destino degli ecosistemi con azioni concrete. E, ovviamente, una forte componente phygital, con un’app che misura l’impronta ecologica di ogni partecipante e offre modi per azzerarla in tempo reale.
Il tocco personale? Il finale non è scritto. Non c’è un evento che “finisce”, ma un movimento che inizia. Ogni ospite diventa ambasciatore di un cambiamento, e Patagonia—con il suo DNA ribelle—potrebbe trasformare questa esperienza in un manifesto vivente. Perché un grande evento non è solo spettacolo: è un atto di rivoluzione.
Credits
Intervistatore: Sara Fuoco
LinkedIn: Sara Fuoco
IG: @sarafuoco
Intervistato: David Di Vito
Linkedin: David Di Vito
IG: David_di_vito
Illustrazione di: Carlotta Egidi
Instagram: @carlottaegidi89